Linee guida per l’uso del genere nel linguaggio amministrativo del MIUR
L'otto marzo di quest'anno ci ha portato le Linee guida per l'uso del genere nel linguaggio amministrativo del MIUR. Il documento predisposto dal MIUR è rivolto a tutti gli operatori del MIUR. L'obiettivo dichiarato è la promozione di una Cultura delle pari opportunità nelle differenze di genere.
Nella presentazione al Ministero si è ribadito che il giusto uso del genere nel linguaggio "consente di diffondere sempre più una cultura del rispetto, che rifiuta stereotipi e guarda alla diversità come fonte di arricchimento".
La prefazione recita: "(...) sono ancora piuttosto forti le resistenze del discorso pubblico e di molti media nei confronti dell'uso dei femminili regolari in riferimento a donne che svolgono funzioni un tempo esclusivamente maschili: la chirurga e l’avvocata, la sindaca e la ministra, la giudice e la presidente sono femminili perfettamente regolari, ma ancora non si sono completamente affermati.
La stessa resistenza, sia pure per ragioni e con modalità diverse, si evidenzia anche nel linguaggio della pubblica amministrazione, soprattutto attraverso l’uso del maschile quando la parola in questione è riferita a una donna o indica persone di entrambi i sessi.
Superare queste resistenze e favorire un uso corretto del genere, tuttavia, è molto importante, perché è innanzitutto attraverso il linguaggio che noi esseri umani rappresentiamo la realtà in cui viviamo, e attraverso tale rappresentazione contribuiamo a consolidarla così com’è o, al contrario, a modificarla. In altre parole, il linguaggio è il mezzo con cui possiamo sia confermare gli stereotipi basati sul sesso, sia metterli in discussione. Se non cominciamo a dire la direttrice generale o la ministra quando è una donna a svolgere questi incarichi, sarà molto difficile superare il pregiudizio per cui si tratta di incarichi prettamente maschili. Parimenti, cominciare a dire le studentesse e gli
La stessa resistenza, sia pure per ragioni e con modalità diverse, si evidenzia anche nel linguaggio della pubblica amministrazione, soprattutto attraverso l’uso del maschile quando la parola in questione è riferita a una donna o indica persone di entrambi i sessi.
Superare queste resistenze e favorire un uso corretto del genere, tuttavia, è molto importante, perché è innanzitutto attraverso il linguaggio che noi esseri umani rappresentiamo la realtà in cui viviamo, e attraverso tale rappresentazione contribuiamo a consolidarla così com’è o, al contrario, a modificarla. In altre parole, il linguaggio è il mezzo con cui possiamo sia confermare gli stereotipi basati sul sesso, sia metterli in discussione. Se non cominciamo a dire la direttrice generale o la ministra quando è una donna a svolgere questi incarichi, sarà molto difficile superare il pregiudizio per cui si tratta di incarichi prettamente maschili. Parimenti, cominciare a dire le studentesse e gli
studenti o le e gli insegnanti è un modo molto concreto e semplice per rafforzare e diffondere una cultura dell’inclusione e del rispetto delle differenze.(...)".
Termini maschili e femminili
Di seguito la lista dei termini maschili e femminili contenuti nella guida.
L’alunno l’alunna
L’amministratore l’amministratrice
Il candidato la candidata
Il capo dipartimento la capo dipartimento (v. 3.1b)
Il capo di gabinetto la capo di gabinetto
Il collaboratore la collaboratrice
il commissario la commissaria
il consigliere la consigliera
il coordinatore la coordinatrice
il direttore la direttrice
il dirigente la dirigente
il docente la docente
L’impiegato l’impiegata
L’ispettore l’ispettrice
Il ministro la ministra
Il preside la preside
Il presidente la presidente
Il privatista la privatista
Il professore la professoressa
Il rappresentante la rappresentante
Il revisore la revisora
Il segretario la segretaria
Lo studente la studente/studentessa
L’amministratore l’amministratrice
Il candidato la candidata
Il capo dipartimento la capo dipartimento (v. 3.1b)
Il capo di gabinetto la capo di gabinetto
Il collaboratore la collaboratrice
il commissario la commissaria
il consigliere la consigliera
il coordinatore la coordinatrice
il direttore la direttrice
il dirigente la dirigente
il docente la docente
L’impiegato l’impiegata
L’ispettore l’ispettrice
Il ministro la ministra
Il preside la preside
Il presidente la presidente
Il privatista la privatista
Il professore la professoressa
Il rappresentante la rappresentante
Il revisore la revisora
Il segretario la segretaria
Lo studente la studente/studentessa
La forma maschile che muta in forma maschile e femminile
I docenti DIVENTA i docenti e le docenti; i/le docenti;
I candidati privatisti DIVENTA i candidati privatisti e le candidate privatiste i/le candidati/e privatisti/e;
I collaboratori DIVENTA i collaboratori e le collaboratrici i/le collaboratori/trici;
Il Presidente DIVENTA il/la Presidente;
Il dirigente scolastico DIVENTA il dirigente scolastico e la dirigente scolastica il/la dirigente scolastico/a;
Il coordinatore DIVENTA il coordinatore e la coordinatrice il/la coordinatore/trice;
Il Collegio dei docenti DIVENTA Collegio docenti/CD
Il coordinatore DIVENTA il coordinatore e la coordinatrice il/la coordinatore/trice;
Il Collegio dei docenti DIVENTA Collegio docenti/CD
Mie considerazioni
Quando, negli ultimi anni, si cominciò a parlare dell'uso del genere nel linguaggio la mia prima reazione fu quella di pensare che se la grammatica stabilisce delle regole, queste vanno rispettate e fare diversamente potrebbe essere, oltre che sbagliato, anche ridicolo. Tuttavia, dopo diverse riflessioni, mi sono convinto che la grammatica e le regole discendono direttamente dal passato, da come gli esseri umani hanno vissuto e quindi dallo stato dell'arte ancora in essere. Il linguaggio condiziona il pensiero, come diceva Vygotskij. Le parole che conosciamo costruiscono il nostro pensiero. Una letteratura intrisa di tanti mestieri belli e importanti al maschile e che relega al femminile solo alcuni mestieri (casalinga, lavandaia, nutrice..., successivamente parrucchiera, estetista, ecc...) è maschilista semplicemente perché maschiliste erano le società che hanno prodotto tale letteratura e tale linguaggio e condiziona ancora oggi le bambine limitandole nella possibità di pensarsi (e progettarsi) liberamente.
Tra la grammatica e la costituzione preferisco la seconda che all'art. 3 recita:
"Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese"
E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese"
Queste linee guida sono giuste e doverose. Tuttavia tale intervento ha una portata estremamente limitata per due motivi:
1-sono rivolte solo alle amministrazioni del MIUR (scuole, università, USR, ecc...)
2-il linguaggio è importante ma le misure che bisognerebbe adottare con urgenza per liberare materialmente le donne, sono quelle economiche di sostegno alla famiglia (asili nido gratis, assegni famigliari, orario flessibile sul lavoro, reale sostegno economico alle ragazze madri, ecc...) oltre che una nuova educazione che insegni anche ai maschi a essere autonomi (saper cucinare, saper fare le faccende domestiche, ecc...).
Ecco il link del testo completo Linee guida per l’uso del genere nel linguaggio amministrativo del MIUR .
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